Il ritorno del desiderio

Questo articolo fa seguito alla mia precedente memoria che ha come titolo “La fisica dell’amore” ed ha lo scopo di approfondire alcuni aspetti fondamentali dello sviluppo di questo sentimento che nel lavoro precedente sono rimasti alquanto in ombra, per la necessità di graduare l’impatto conoscitivo, che ne sarebbe reso altrimenti di assai più difficile acquisizione. Nella esposizione dei sistemi complessi occorre infatti seguire la struttura stratificata del sistema, passando da un livello di base della massima semplicità a livelli che divengono sempre più complessi per effetto dell’aggiunta di nuove variabili.
E’ evidente che, dal punto di vista della rappresentazione della realtà, i modelli intermedi sono facilmente falsificabili, perchè comportano l’azzeramento di variabili che sono invece indispensabili per il funzionamento del sistema o addirittura l’introduzione, sia pure provvisoria, di entità inesistenti commettendo così un fondamentale errore epistemologico, la disobbedienza al precetto “entia non sunt multiplicanda preater necessitatem”.
Il passaggio per il sistema semplificato, oltre ad essere di per sé di più facile acquisizione, offre inoltre l’opportunità che sia lo stesso discente ad individuare le carenze del sistema semplice, rendendosi così direttamente conto della necessità di introdurre nuove variabili o della necessità di modificare quelle già introdotte, condizione questa importantissima ai fini della appropriazione profonda della conoscenza, che diviene una creazione propria del discente. Ciò apparve già necessario a Platone, la cui opera filosofica è rappresentata da dialoghi che egli immaginava avvenissero fra il suo maestro, Socrate, e diversi interlocutori. In uno di questi dialoghi egli paragona questa maniera di insegnare all’opera della levatrice che aiuta un processo che deve svolgersi al di fuori di lei. Questo processo di falsificazione delle teorie, applicato non già ai modelli intermedi dell’attività didattica, ma alle teorie scientifiche, costituisce una parte centrale del pensiero di Karl Popper, secondo cui questo sviluppo della critica è fondamentale per l’avanzamento della scienza.
Questa condizione dialettica Platone dovette fingerla, nella considerazione che anche l’ascolto delle opposte linee di pensiero sia di aiuto per l’ascoltatore; non esisteva allora il blog, in cui la condizione dialettica può invece essere effettivamente realizzata; cionondimeno fintanto che le posizioni dialettiche non mi vengono presentate nei commenti, dovrò procedere anch’io senza il ritorno, ma comunque con una introduzione graduale della complessità che consente, in teoria, lo sviluppo della condizione dialettica.
Come già avvertito nell’articolo precedente, questo lavoro si rivolge particolarmente ad una mia amica che lamentava l’emarginazione dalla conoscenza di importanti avanzamenti del pensiero scientifico cui è soggetto chi non ha svolto determinati studi specialistici. Ove l’ignoranza riguardi il bosone di Higgs, pazienza, ma ove si tratti di chiarire l’azione delle forze che governano i rapporti interpersonali, si tocca il cuore dei nostri interessi affettivi e l’ignoranza diviene intollerabile.

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Nel precedente articolo abbiamo avuto modo di rilevare come la comunione delle memorie di riconoscimento possa essere legata al verificarsi di una certa situazione particolare di sinergia a cui rimanga quindi limitata. La connessione in tal caso nasce con carattere di labilità, cosicché può rapidamente cessare al mutare anche di aspetti marginali. Perché la connessione interpersonale assuma un aspetto più generalizzato, cosicché la connessione istintuale fra due individui involva l’intera struttura delle memorie riconoscitive, occorre che il processo implichi condizioni di grande livello tensionale e si verifichi nella fase infantile di imprinting, così da divenire un impulso notevolmente rigido e costituire un canale preferenziale di flusso così profondo da rappresentare elemento di indirizzamento in tutte le condizioni di sollecitazione del sistema. Ciò quindi comporta che la figura umana non assuma particolare rilievo solo in determinate circostanze casuali, ma abbia un contenuto emozionale strutturale e quindi un area di ridondanza così grande da interagire in maniera importante con gli impulsi fondamentali. Abbiamo già accennato, nel precedente post, come ciò imponga di necessità l’esistenza di un altro impulso di origine genetica che si caratterizza come bisogno sociale e la cui frustrazione induce un allarme così alto da superare il livello che definisce la paura che nel caso specifico viene indicata come angoscia.
Come avviene anche per l’impulso della fame esso si manifesta inizialmente come sviluppo di una condizione tensionale indeterminata che viene guidata verso l’oggetto mediatore dello scarico da particolari richiami, cioè combinazione di elementi sensori che guidano il comportamento perché direttamente legati ai centri di produzione di dolore-piacere. Ciò che provoca lo scarico della condizione tensionale del bisogno sociale una volta determinato l’elemento mediatore nella figura umana è il “ritorno del desiderio” costituito dal riconoscimento della condivisione con il mediatore di una memoria di rassicurazione.

Nella primissima fase infantile di imprinting, quella legata al rapporto con la madre, esso è costituito dal riconoscimento della condivisione della memoria di rassicurazione fondamentale per la sopravvivenza, quella legata all’impulso della fame. Conviene che esaminiamo più in dettaglio tale processo perché si manifesta in questo caso in una forma più semplice e quindi più facilmente comprensibile. Si svolge infatti in una certa condizione di “anestesia” delle funzioni psichiche che equivale ad escludere dal quadro tutta una serie di variabili che lo complicherebbero e renderebbero più difficile il rintracciare il bandolo di questa intricatissima matassa che alloggia nel nostro cervello.
L’esigenza di semplificazione del quadro delle interazioni si è posto infatti anche in fase evolutiva; l’importanza di questo fondamentale rapporto interpersonale per la sopravvivenza della specie ha infatti richiesto che la sua formazione sia esente da errori e pertanto sia accompagnata da vincoli che limitino i gradi di libertà del processo dovute ad altre cause di variabilità a livelli trascurabili, almeno a livello di specie. Questa condizione è raggiunta fissando le informazioni sensorie contemporanee allo stato tensionale indotto dalla fame in assenza di rumore e così esenti da distorsioni. L’assenza di rumore è ottenuta dalla limitazione della attività psichica alla sola funzione nutrizionale e dalla presenza di un solo mezzo di soddisfazione delle necessità nutrizionali, mezzo che involve necessariamente l’immagine umana.
La stimolazione dell’impulso della fame, come sappiamo, è di origine interna e non può quindi essere soddisfatto dall’ allontanamento, ma richiede l’avvicinamento ed un comportamento con caratteristiche aggressive. Naturalmente, essendo il bambino privo di qualsiasi potere, l’espressione “comportamento aggressivo” va inteso come l’attivazione disordinata e caotica degli organi operativi, ivi compresi quelli che danno luogo al pianto, a cui il termine aggressivo sembrerebbe, di primo acchito, non confacente. Tale comportamento viene definito comunque aggressivo in quanto diretto verso l’oggetto individuato come fonte della sofferenza, perché unica rappresentazione sensoriale con essa concomitante per effetto della limitazione esistente nella attività psichica e quindi naturalmente diretto alla sua eliminazione, Ma tale comportamento viene rapidamente modificato in un comportamento che ha caratteristiche di svuotamento o di sfruttamento, caratterizzandosi quindi come impulso dominativo, con caratteristiche conservative anziché distruttive. Tale modificazione è così immediata da rendere la divisione nelle due fasi del comportamento quasi solo un esercizio analitico; essa è il risultato dell’azione orientativa svolta dalla sensibilizzazione labiale, che crea l’impulso orale di suzione che è quindi la prima manifestazione di richiamo che in questa prima fase di sviluppo del sistema assume prevalentemente la forma di una sensibilizzazione tattile.

La piena disponibilità della madre a soddisfare la fame e quindi l’impulso dominativo del bambino costituisce un comportamento donatario che è l’opposto del comportamento aggressivo e ciò comporta che non compaia nel bambino la paura che è, come sappiamo, reazione repulsiva all’aggressività del partner, modo con cui il bambino potrebbe vivere la comparsa, parallela a quella della figura materna, della fame lasciata priva di soddisfazione. Per conseguenza la madre diviene l’oggetto dell’ulteriore bisogno di sicurezza espresso dall’angoscia esistenziale, che costituisce una domanda supplementare a quella di soddisfazione della fame. E’ come se il bambino volesse essere rassicurato che la soddisfazione della fame non costituisce un fatto casuale, episodico, ma che effettivamente egli ne abbia il dominio, perché a sua volta oggetto del desiderio materno. Di qui l’estrema sensibilità alle modificazioni del rapporto con la madre dovute al fatto che non sempre la fame del bambino coincide con la disponibilità della madre e ciò rafforza il dubbio sulla solidità del suo dominio e lo sviluppo conseguente di una attività volta a prevenire la paura rafforzando quella che appare la fonte della rassicurazione, cioè la condizione di soddisfazione della madre. L’impulso dominativo si trasforma così in un impulso attrattivo privo di aggressività, volto all’aggregazione.
Tale trasformazione implica una interazione bilaterale, un colloquio che valorizza la volontà dell’oggetto e comporta un processo di scambio, quindi un “dare” oltre che un “avere”. Questo obiettivo, di possedere la volontà del partner, di essere cioè nell’anima, di essere amato, può trovare infatti soddisfazione in un certo colloquio che può stabilirsi, e in genere si stabilisce, fra il bambino e la madre. Tale particolare rapporto si basa ancora su un richiamo che, invece che sul bambino agisce sulla madre, costituito dal fatto che al piacere del bambino nella suzione corrisponde un piacere della mamma nell’allattare, piacere che può essere di notevole entità e determinare una dipendenza dal bambino, rendendo così quasi automatici processi di identificazione ed attaccamento.
Ma anche il bambino “sente” il piacere della madre attraverso opportuni segnali che avverte subliminalmente. E’ assai interessante, in questo senso, rilevare come anche Jung, che di sistemi complessi non aveva conoscenza (né poteva averne, perché i più importanti sviluppi dello studio dei sistemi complessi sono a lui successivi) sostiene, come sua semplice constatazione, senza darne la spiegazione strutturale, riduzionistica, l’esistenza di comunicazioni inconsce, subliminali, fra l’inconscio della madre e quello del bambino.
Si realizza così in definitiva la coincidenza nella stessa azione del piacere di entrambi i partner, cioè la comunanza della memoria di rassicurazione, e quindi il “ritorno del desiderio”, il che vuol dire che al desiderio del bambino corrisponde il desiderio della madre. Si instaura così in definitiva il rapporto di amore di cui quindi il ritorno del desiderio è una condizione necessaria, vincolante, per la sua formazione..
Come sappiamo, le informazioni sensorie contigue ad una condizione di piacere assumono la capacità autonoma di dare piacere, e quindi, in virtù della comune dipendenza dalla stessa memoria di rassicurazione, quelle che danno piacere al figlio inducono piacere anche alla madre e viceversa quelle che danno piacere alla madre inducono piacere anche al figlio. Si verifica così, ovviamente in fasi più avanzate dello sviluppo psichico, terminata la limitazione iniziali delle funzioni psichiche, una “copiatura” della struttura degli impulsi dall’ uno all’altro partner, che trova riscontro nella “teoria mimetica del desiderio” di René Girard.

Naturalmente, nelle fasi successive dello sviluppo psichico, quando la dipendenza psicologica si trasferisce dalla madre al padre, la funzione di guida è svolta da richiami differenti coerenti alla nuova situazione esistenziale determinatasi. La comunione delle memorie di carico e scarico dei partner è realizzata mediante un gioco reso possibile dalla sensibilizzazione di certe aree del corpo che Freud denominò “zone erogene”, nome quanto mai indovinato, giacché eros in greco vuol dire amore e quindi erogene vuol dire generatrici di amore. In realtà però egli le considerò come strutture di formazione dell’impulso sessuale ed in ciò il quadro formato mediante la teoria dell’organizzazione dei sistemi complessi dissente. In realtà anche l’impulso sessuale si avvale della sensibilizzazione di certe zone del corpo per indurre comportamenti coerenti con l’obiettivo copulativo, ma ciò non significa che tutte le sensibilizzazioni abbiano questo obiettivo; abbiamo visto che la sensibilizzazione labiale, ad esempio, ha la sua funzione fondamentale nel deviare l’aggressività del bambino dalla forma incorporativa a quella di suzione anche se poi tale sensibilizzazione svolge una importante funzione anche nel processo di accostamento sessuale.
Nel processo di formazione del collegamento con il padre, per esempio, la funzione che nel rapporto con la madre è esercitata dalla sensibilizzazione del seno è svolta da richiami “infantili” (che sussistono anche nella madre che, per brevità, abbiamo omesso di trattare). Tali richiami hanno un contenuto visivo prevalente e sono di enorme potenza talché agiscono anche in campo intraspecifico, nel senso di bellezza e di tenerezza cui danno luogo i cuccioli anche di altri animali. E’ stato mostrato che in certi casi operano anche sui più crudeli criminali. Un bambino sopravvissuto allo stermimio effettuato in Norvegia da Breivik ha raccontato che il carnefice lo aveva sotto tiro ed ha evitato, dopo un tentennamento, di ucciderlo.
Nel processo di trasferimento dell’informazione, permesso dalla comunione delle memorie riconoscitive, che costituisce una struttura di decodificazione sulla base della comunanza che così si stabilisce del significato di ogni struttura sensoria in termini di piacere-dolore, il rapporto fra i partner non è egualitario sul piano quantitativo; vi è trasferimento prevalente dal genitore al figlio. Tuttavia, il rapporto gerarchico, di ubbidienza che così si costituisce, non è avvertito dal figlio, perché è la conseguenza di un desiderio intenso del figlio di intervento rassicurativo del genitore a cui esso risponde in fase formativa strutturando così un impulso rigido che permane anche nell’età adulta. Esso nasce, in sostanza, come necessità funzionale del sistema. Girard direbbe che opera una funzione “mimetica”, che il partner è il “mediatore mimetico del desiderio”.

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Cara amica, è difficilissimo dare una rappresentazione descrittiva del sistema complesso. perché è sufficiente trascurare o semplicemente sottovalutare nella sua importanza una variabile perché il quadro che si presenta si ribalti e muti completamente la sua forma. Ciò accade per tutte la forme che la struttura delle interazioni umane assume per effetto della variabilità delle condizioni esterne e interne al sistema psichico.
Il proseguire seguendo tutti i percorsi alternativi che i flussi di interazione possono seguire nel sistema, a parte la dimensione che una tale descrizione, sia pure in termini semplificativi ed ovviamente limitatamente a quello che sulle basi delle attuali conoscenze noi possiamo dire, comporterebbe un lavoro troppo oneroso per le mie attuali, modeste forze. Poiché però è mio desiderio agganciare il discorso al significato che in questo contesto ha l’arte, ed in particolare la poesia e poiché ciò non è possibile senza introdurre alcune forme assunte dalla struttura delle interazioni, vorrei chiederti di seguirmi nello sviluppo di alcuni di questi aspetti senza richiedermi descrizioni dettagliate o addirittura lo sviluppo di tutte le connessioni logiche che hanno portato a questi risultati.
Il desiderio di amore è tipico di questa mutabilità degli assetti psichici, di cui è elemento centrale. Intanto ha una struttura stratificata, nel senso che varia enormemente nell’ambito della popolazione; vi è una minoranza di uomini in cui l’impulso si ferma all’assetto dominativo, ma la grande maggioranza degli uomini è affetta da questo bisogno, più che desiderio, di scarico dell’angoscia esistenziale attraverso il ritorno del desiderio, cioè attraverso l’amore. Esso subisce una successione di operazioni di transfert, attestandosi in definitiva nella forma di richiesta al corpo sociale che ha il suo punto focale, il suo baricentro nel leader, che assume nelle primigenie organizzazioni sociali, come già aveva intuito Freud, la funzione del padre. La sua frustrazione (anzi il comparire della sopraffazione anziché dell’amore), quale si verifica ormai fin dalle rivoluzioni tecnologiche metallurgica ed agricola, ha avuto importantissime conseguenze.
La prima conseguenza è il porsi dell’impulso di amore in contraddizione con l’impulso di conservazione individuale, cioè in quella struttura che Freud denominò l’io. L’impulso sociale si è sviluppato infatti evolutivamente in una condizione ambientale in cui l’appartenenza al gruppo era condizione necessaria di sopravvivenza non solo dell’individuo, ma anche del gruppo che aveva bisogno della partecipazione di tutti i componenti, in un numero che poteva spaziare entro limiti molto ristretti. L’avanzamento tecnologico con la facilità di approvigionamento del cibo che ne è conseguita, ha distrutto questa condizione di affettività forzata (che agiva anche sugli individui in cui il bisogno dell’altro si manifestava solo in termini dominativi) ed ha portato all’importazione di aggressività e violenza all’interno del gruppo. Ciò ha portato ad una rimozione parziale, al disconoscimento del bisogno di amore, il che ha reso ancora più misteriosa l’angoscia che appare priva di qualsiasi elemento mediatore, oltre che priva di qualsiasi motivo. L’uomo in sostanza si “vergogna” di questa sua debolezza e la rimuove e la trasforma in bisogno di integrazione, bisogno di importanza o bisogno di successo e di potere, a seconda della sua struttura caratteriale. Se ne sottovaluta così l’importanza che è enorme potendo sopraffare l’impulso di conservazione individuale portando alla depressione, alla follia e al suicidio.
L’arte è costituita dalla realizzazione di rappresentazioni che attivano certe memorie direttamente collegate con i centri del piacere e quando si tratta di opere letterarie questi impulsi possono essere accettati o rifiutati dalla coscienza, nel senso che nel primo caso costituiscono una amplificazione “romantica” dei contenuti gratificanti (la menzogna romantica di Girard) mentre nel secondo caso sollecitano impulsi che sono oggetto di rimozione (la verità romanzesca di Girard) ed è assai importante rilevare che sono questi ultimi che danno agli autori la fama di grandi. Essi provocano un piacere sentito subliminalmente, un vibrare profondo dell’anima, di cui però non si riconosce l’origine perché il suo accesso alla coscienza è sottoposto a rimozione, ma se ne gusta il sapore nuovo, se ne avverte la profondità. Il linguaggio poetico può raggiungere una estrema sinteticità dovuta al fatto che scavalca la necessità della giustificazione razionale, facendo invece appello alla “risonanza” che certe connessioni suscitano nell’anima. Restando sempre nell’ambito del ritorno del desiderio, il massimo della sinteticità è raggiungo da Dante “amor che a nullo amato amar perdona“. Ma io mi permetto di rilevare che quel “nullo amato” è troppo categorico e che l’apparente neutralità può nascondere una rimozione, può essere solo una preventiva difesa.

Ecco come io rappresenterei il ritorno del desiderio nel linguaggio sintetico della poesia:

IL RITORNO DEL DESIDERIO
Ho racchiuso la mia anima
come una larva
entro una fitta rete
di illusioni e di inganni.
Dall’interno di questo bozzolo
che mi protegge
come una corazza
io posso anche sorridere
del mio desiderio di te.

Ma se i tuoi occhi
mi guardano
se la tua bocca
mi dice che mi ami
se sento proteso a me
il tuo desiderio,
oh, allora
come per un’arma misteriosa
un tremendo raggio di luce
crolla la mia fortezza
e tu vi penetri nel cuore
ove,
se il tuo fu solo un inganno
come l’ape nel cuore del fiore
puoi suggere il miele
della mia vita

ma guarda in che maniera stupenda sa dirlo Pablo Neruda, in questa poesia, letta in maniera superba da Ferruccio Amendola

E non è la bellezza anch’essa manifestazione di un desiderio d’amore, una richiesta di ritorno dell’affettività rivolta al mondo? Te lo dico ancora in versi

LA BELLEZZA
La bellezza non esiste
nelle cose del mondo.
E’ una fragile creazione dell’anima
é la misura,
nata dal dolore
dell’amabilità delle cose che permisero
in un tempo lontano
il fluire della vita

E’ il desiderio che le cose si muovano
verso la lontana spiaggia
di una irraggiungibile sicurezza
dove, come salmone alla fonte,
l’anima possa riposarsi
e morire.

E’ il desiderio che le cose ci amino,
una fame antica
che non può essere saziata
dalle cose immobili
nè dagli uomini fermi
tutti in attesa dell’amore altrui.

Tributo di morte
alla vita della nostra specie.
Gran fuoco di mezza estate
ove la bellezza è nella fiamma ardente
e noi siamo i tizzoni
e veniamo consunti
da quest’ansia assurda
che ci alberga nel cuore.

Adesso mi sovvengono i versi di una poesia molto bella, che così dice :

Al quarto pioppo il sentiero svolta
all’aia, sotto il fico
i vecchi si raccontano ieri
coi gomiti sul tavolo e il tresette.
Tra il fumo del toscano e la cima
dell’albero c’è un’innocenza primitiva
stanca di giorni e d’imbrogli.

Così, a dirla col vino, la vita sembra
meno dura. Tra un sorso e l’altro
si scordano torti e rimorsi
l’inutile noia della vecchiezza
e si nasconde la paura dietro alle foglie
quando un bicchiere si rovescia
e una sedia resta vuota.

La vita è quest’antico silenzio d’api
che ronzano il frutto,
è attesa immobile del rosso spaccato della polpa.
Ogni tanto, dal bosco, si sentono spari
il fagiano non sa che ogni volo è un addio.

Ecco, io ho 82 anni ed i miei voli sono queste esternazioni dei miei pensieri con cui combatto l’inutile noia della vecchiezza. Ma io lo so che ogni volo può essere un addio.