La fisica dell’amore

Una mia cara amica, che è fortemente interessata ai sentimenti umani ed in particolare all’amore, che ama la poesia, collegamento diretto con le profondità dell’anima, mi ha osservato, tempo fa, che il suo intenso desiderio di conoscere tutto ciò che di nuovo si scopre intorno a questi aspetti fondamentali della nostra vita, in particolare a mezzo delle nuove scienze cognitive, veniva frustrato dal richiedere tale lettura una preparazione specialistica, un tipo di cultura di cui Ella non dispone.

Non è certamente una situazione che involva solo la mia amica; è una condizione di settorialità della cultura e di assenza di adeguate comunicazioni intersettoriali che si aggiunge alla generale carenza culturale delle masse, determinando un danno sociale assai grave, se dobbiamo condividere la speranza di pensatori assai lontani nel tempo, come Platone e Madison, che è solo da un avanzamento culturale generalizzato, dall’allentamento dei vincoli che bloccano il pensiero, che può scaturire un miglioramento della nostra convivenza.

Mi sono perciò assunto il compito di cercare di spiegare, senza pretesa di rigore e al solo fine di renderlo di facile comprensione, il meccanismo di interazione che sottende ai rapporti di amore, certamente fondamentali per una specie animale che deve la sua sopravvivenza alla sua struttura associata. E lo farò come se parlassi solamente con te, mia cara amica, perché è la tua ansia, che traspare a volte improvvisa e tagliente nei tuoi componimenti, che trova un’eco dolorosa nella mia anima.

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Il cervello può essere rappresentato come l’intreccio di una molteplicità di reti di connessione correnti fra i neuroni, reti percorse da flussi di energia la cui natura non è al momento necessario precisare, bastando tener conto della sola caratteristica costituita dal “livello” di energia, livello che caratterizza anche le reti, ciascuna delle quali può convogliare solo l’energia di un determinato livello. Per semplicità chiameremo tensione questo livello quando si riferisce al flusso di energia e rigidità quando si riferisce alla rete che lo può accogliere. I neuroni sono nodi comuni ad una molteplicità di reti e in essi il flusso di energia può passare da un nodo all’altro della stessa rete o da una rete all’altra, sono cioè degli interruttori che in virtù della molteplicità delle direzioni alternative che possono indurre possiamo anche chiamare “interruttori stellari”.

Il numero di neuroni ed il numero delle connessioni sono tali da determinare un groviglio apparentemente inestricabile, si pensi che vi sono anche neuroni in cui il numero delle sinapsi (che sono l’elemento di connessione), e quindi il numero delle direzioni alternative che essi possono indurre al flusso informativo, si misura in termini di centinaia di migliaia. Ciò non toglie che noi possiamo immaginare uno schema semplificato sia per quanto riguarda il numero degli interruttori e delle stratificazioni di rigidità sia per quanto riguarda la disposizione di questi elementi nello spazio, schema nell’ambito del quale il processo di trattamento dell’ informazione proveniente da determinati sensori diviene di più facile comprensione e valutare poi le problematiche che possono sorgere nell’estensione del quadro così fornito delle interazioni ad una situazione più complessa.

Come approccio graduale alla complessità della struttura reale, noi supporremo dunque inizialmente tre livelli di rigidità nelle connessioni, di cui uno definisce una rete di fondo (o di primo livello) costituita da connessioni nodali che si limitano a trasferire il flusso in input a tutte le direzioni di output, che operano cioè con tutti gli interruttori costantemente aperti, il secondo che definisce una rete di secondo livello (più rigida della prima) e la terza che definisce una rete di terzo livello (ancora più rigida). Ciascuna rete è composta da otto strati di eguale rigidità. Nelle reti di secondo e di terzo livello lo stato naturale degli interruttori comporta la chiusura di tutte le connessioni. Tale stato può essere modificato da un flusso di energia di adeguato livello tensionale e, una volta modificato, permane per un tempo più o meno lungo (dipendente della rigidità della rete).

Consideriamo innanzi tutto la determinazione delle linee di flusso che collegano i terminali sensori con i nodi di uno strato interno, linee che definiscono reticoli che chiameremo memorie percettive. Consideriamo cioè un primo livello di organizzazione, in cui l’elemento di guida nella formazione dei percorsi è costituito dai soli flussi di energia che provengono dai terminali sensori. Ogni informazione sensoria, che costituisce il contenuto di una “percezione”, è costituita da una determinata combinazione di terminali eccitati. Lo schema della figura rappresenta dunque una rete semplice con interruttori a due vie di input e due vie di output per ciascuna delle sottoreti di base, di secondo e di terzo livello, più due interruttori per la comunicazioni con le reti contigue di differente livello (i vari livelli vanno immaginati paralleli al piano del foglio).

Nello schema della figura i punti della linea A rappresentano i terminali sensori che si distinguono per avere una sola via di input e che ho, per comodità, esemplificato in un numero limitato di punti, che ho numerato. Le frecce incidenti su alcuni di questi terminali stanno a rappresentare il flusso energetico che, incidendo su di essi, ne determina l’eccitazione. Nello schema è cioè indicata la particolare informazione sensoria costituita dall’ eccitazione dei terminali sensori 2, 5 e 9 (dovremo però in linea generale considerare la percezione come costituita sempre dalla sollecitazione di un certo numero minimo di terminali sensori, cosi che la variabilità delle percezioni sia una variabilità distribuzionale della sollecitazione, non una variabilità del numero di terminali eccitati.

Schema di rete

Schema di memoria percettiva

Lo strato A rappresenta quindi come uno schermo in cui si proiettano, mediante una scomposizione puntuale, le informazioni sensorie. Sopra lo strato A abbiamo indicato gli strati B, C, ecc., di interruttori, o nodi, o neuroni che dir si vogliano. Ogni nodo dello strato A è collegato ai nodi adiacenti dello strato B, ogni nodo dello strato B è collegato ai nodi adiacenti dello strato C e così via. Il nodo 2 dello strato A è allora, nella nostra figura, collegato ai nodi 1 e 2 dello strato B; ora noi supponiamo che il flusso energetico uscente dal nodo 2 dello strato A si diriga sia verso il nodo 1 che verso il nodo 2 dello strato B, che cioè vengano attivate tutte le sinapsi di output della rete in questione (che fa quindi parte della rete di nodi di fondo, il cui stato implica l’apertura di tutte le connessioni). Ciò abbiamo indicato in figura attraverso l’uso di linee tratteggiate. Lo stesso dicasi per il flusso energetico incidente sui terminali 5 e 9 dello strato A. Il flusso energetico uscente dai nodi dello strato B si diffonde nella stessa maniera nei nodi dello strato C e così via, come indicato in figura.

Come si vede, ad ogni nodo di uno strato intermedio il flusso energetico può essere trasmesso da una o da due sinapsi di input. Ora noi supporremo che ad ogni passaggio si verifichi una diminuzione dell’intensità del flusso trasmesso da ogni connessione sinaptica, cosicché, oltre un certo strato il flusso trasmesso da una sola connessione sinaptica si spegne. Oltre un’ulteriore distanza (che definisce la cosiddetta area di ridondanza) il flusso si spegne anche se è trasmesso da due connessioni sinaptiche.

Tenendo conto quindi del più rapido spegnimento al contorno, il flusso energetico proveniente da un terminale sensorio si diffonde per conseguenza nel sistema di strati sovrapposti disegnando una superficie ovoidale che abbiamo per semplicità rappresentato in figura, nella sua parte inferiore, con una superficie conica.

Necessariamente, a partire da una certa stratificazione, i coni provenienti dai vari sensori si sovrapporranno e i nodi compresi nell’area di sovrapposizione saranno quindi sollecitati da una energia di livello superiore, il che porterà il flusso energetico ad imboccare la rete di secondo livello di cui vengono per conseguenza aperte le connessioni. Nello schema di figura ho indicato con linee continue i percorsi in cui fluisce l’energia a più alto livello tensionale, assumendo come paradigmatico il punto di intersezione dei coni partenti dai sensori eccitati. Il processo è iterativo nel senso che anche i coni che si formano nella rete di secondo livello si sovrapporranno in un certo strato e daranno così luogo a flussi energetici che correranno in una rete di terzo livello.

Per una esatta comprensione della figura occorre fare due precisazioni. Innanzi tutto, nella figura sono indicati a linea continua anche i percorsi della rete di base che inducono ai punti di intersezione. Ciò non significa che essi passano nella rete di secondo livello, ma solo che essi assumono una maggiore pervietà ai flussi di retroazione rispetto a percorsi alternativi. Al momento non serve che tu comprenda cosa sia la pervietà o cosa siano i flussi di retroazione. Al momento mi interessa solo che tu sappia che la linea continua in questi percorsi assume un significato diverso. In secondo luogo, appare dalla figura che mentre i flussi provenienti dai punti di ingresso 2 e 5 si estinguono al quarto strato (salvo ovviamente nel punto di intersezione), cosa indicata dall’arresto del tratteggio, il flusso proveniente dal punto 9 raggiunge l’ottavo strato. Ciò significa che certe informazioni sensorie hanno fin dall’inizio una maggiore area di ridondanza di altre e quindi un certo livello intermedio di tensione (ricordiamo che la semplificazione descrittiva ha solo tre livelli di rigidità, ma che nella realtà cerebrale il numero delle stratificazioni di rigidità è assai più elevato). Anche questo è un punto molto importante chesarà chiarito in seguito.

Ora, supponiamo che lo strato H dello schema in figura sia l’ultimo. Come si vede, il cono proveniente dalla porta di ingresso n.5, operando senza sovrapposizioni e nell’ipotesi che l’area di ridondanza lo permetta, andrebbe a sollecitare tutte le porte di uscita dalla 1 alla 8, il che viene espresso nel senso che il sistema disporrebbe di 9 gradi di libertà nello strato H. Considerando però che le linee di flusso della prima rete non abbiano un’area di ridondanza tale da permette la sollecitazione delle porte di uscita, queste ultime potrebbero essere sollecitate dal cono di secondo livello tensionale partente dal punto 3 dello strato D, (vertice dell’intersezione dei coni), dal n. 1 al n. 5. Il sistema perde cioè gradi di libertà con l’aumento del numero di terminali eccitati, che determina il numero di intersezioni e quindi di salti tensionali, a parità di stratificazioni e assume invece gradi di libertà aumentando il numero di stratificazioni.

Noi supporremo che solo i flussi che raggiungano lo strato finale delle memorie percettive con un certo livello tensionale (e quindi nell’ambito di una determinata rete) abbiano un significato ai fini della ulteriore elaborazione dell’informazione; in tal caso per raggiungere tale livello devono verificarsi un certo numero di incrementi tensionali e deve quindi sussistere l’eccitazione di un certo numero di sensori. Supporremo che siano tali da azzerare i gradi di libertà del sistema nello strato finale delle memorie percettive.

Dunque, abbiamo visto che, partendo da una determinata informazione sensoria, si determina automaticamente, in un sistema stratificato con interruttori a più vie, la formazione di linee di flusso, che portano, supponendo un determinato rapporto fra gli elementi costituenti l’informazione sensoria e gli strati di filtro, ad un determinato sbocco nodale, di un certo livello tensionale, in una certa stratificazione di nodi.

Considerato in se solo, avulso dalla rete dei flussi di energia provenienti dai terminali sensori e che in esso confluiscono, tale nodo finale non può essere considerato rappresentativo delle informazioni sensorie. Perché si abbia una “percezione”, infatti, occorre che ogni combinazione di informazioni proveniente dai terminali sensori sia nettamente distinguibile da qualsiasi altra e, a tal fine, abbia una propria indipendente rappresentazione nel cervello. Occorre cioè che i vari terminali sensori contemporaneamente eccitati vengano associati fra di loro in maniera unica, non ripetibile con un’altra combinazione di terminali sensori.

Ora, lo svolgimento del processo senza gradi di libertà implica che ad ogni informazione sensoria corrisponda un solo nodo di sbocco, ma non che viceversa ad ogni nodo di sbocco corrisponda una sola informazione sensoria. La corrispondenza biunivoca cioè non sussiste se si fa astrazione dalla rete dei flussi di energia attraverso cui si realizza la confluenza; ad ogni nodo dello strato finale possono infatti confluire i flussi energetici più diversi, cioè provenienti dalle più diverse combinazioni di informazioni sensorie. Ma se supponiamo che i percorsi in cui fluisce energia di un certo livello tensionale siano fissati in linee preferenziali di flusso, (condizione che abbiamo denominato pervietà) tale corrispondenza biunivoca può istituirsi, sia pure limitatamente al tempo di durata della fissazione delle linee di flusso. Il reticolo così strutturato potrà allora essere chiamato “memoria percettiva” della informazione sensoria ed avrà una durata pari a quella delle linee preferenziali di flusso.

La permanenza nel tempo della memoria percettiva può essere in atto o potenziale. Nel primo caso si verifica non solo la permanenza delle linee preferenziali di flusso, ma anche l’emissione, da parte del nodo in cui si realizza la confluenza, di un flusso di energia in direzione opposta a quella dell’energia ricevuta, flusso che percorre le linee preferenziali di flusso e ricostituisce, sullo schermo A, l’informazione sensoria originale. E’ questo il flusso che abbiamo chiamato di retroazione. L’immagine si ricostituisce sullo schermo A con una intensità ridotta (il che permette di distinguere le informazioni provenienti dall’esterno da quelle ricostituite partendo dalla memoria). Anche la struttura di quello che è a tutti gli effetti un ricordo differisce dalla percezione originaria nel senso che tutte le componenti che non passano ad una rete di un certo livello svaniscono nel ricordo, nel mentre le altre sbiadiscono in maniera inversamente proporzionale alla rigidità della rete. Rimangono, ovviamente, certi elementi di inquadramento generale della percezione che sono di origine genetica. Nel secondo caso, di permanenza potenziale, si verifica la sola permanenza delle linee preferenziali di flusso e l’informazione sensoria si ricostituisce sullo schermo dei terminali sensori solo in occasione di un afflusso di energia proveniente da memorie collegate alla memoria percettiva in uno o più dei suoi nodi costituenti.

E’ estremamente importante sottolineare che il reticolo del ricordo essendo costituito da linee dotate di una certa condizione di pervietà, cioè di preferenzialità rispetto a percorsi alternativi, si attiva all’ingresso di energia, quale che sia il nodo del reticolo in cui entra l’energia. Ciò è implicito nel fatto che la fusione degli elementi sensoriali per formare una unica memoria percettiva si realizza per sovrapposizione delle aree di ridondanza e ciò comporta che come possono fondersi i singoli elementi sensoriali, possono fondersi intere memorie percettive.

La fissazione della memoria percettiva, sia essa in atto o potenziale, è comunque molto labile, salvo condizioni particolari, di estrema importanza costituite dalla ripetizione della informazione sensoria, su cui avrò modo di intrattenermi in seguito. Una qualsiasi memoria percettiva può però diventare assai rigida se la sua formazione è accompagnata dall’ingresso nel sistema reticolare di una energia proveniente dall’esterno che ne rialza il livello tensionale. L’ingresso di questa energia che pervade tutte le canalizzazioni aperte fa passare la memoria percettiva in una rete più rigida cioè, nella nostra semplificazione descrittiva, in una rete di quarto livello. Le canalizzazioni di accesso alla rete di quarto livello di rigidità rimangono aperte anche quando l’energia proveniente dall’esterno non è più presente: esse vengono cioè percorse come canali preferenziali di flusso, anche in assenza dell’energia proveniente dall’esterno, dai flussi energetici che accompagnano il ripetersi dell’informazione sensoria. Tale informazione sensoria, associata alla memoria percettiva passata alla rete di quarto livello, diviene essa stessa capace di determinare, pur in assenza di alcuna sollecitazione della memoria esterna, lo sviluppo di un forte flusso di energia di attivazione del sistema (mediante il collegamento della rete al serbatoio di energia di attivazione, sui particolari del quale non è necessario soffermarci)

Pertanto, se tale energia è sviluppata da uno dei sensori che individuano le pulsioni genetiche, l’informazione sensoria contemporaneamente presente si associa stabilmente a tale pulsione e sostituisce il sensore interno nel determinare l’eccitazione (estroversione delle fonti di eccitazione). Se l’energia che entra nel sistema è sviluppata come reazione ad un danno fisico, condizione che viene detta di sollecitazione di un sensore genetico di stato (rete di sensibilità dell’organismo) l’informazione sensoria contemporaneamente presente, capace di sollecitare la reazione anche in assenza del danno fisico, viene chiamata “memoria di allarme”.

La capacità di fusione delle memorie percettive, cui abbiamo già accennato, sussiste ovviamente anche quando una delle memorie che si fondono è una memoria di allarme. Dunque, si possono formare connessioni fra memorie percettive e memorie di allarme che danno luogo a ulteriori memorie di allarme. Ovviamente, non tutte le strutture percettive contigue spazialmente o anche temporalmente (data la permanenza del ricordo) ad una memoria di allarme divengono memorie di allarme; occorre che la memoria percettiva abbia una adeguata area di ridondanza, e pertanto appartenga ad una stratificazione di rigidità contigua. Tornerò su questo argomento relativo alla selettività delle memorie percettive che si associano alle memorie di attivazione (sia pure, ben inteso, in modo non esaustivo). Accanto ai processi di formazione di memorie di attivazione legati alla formazione di connessioni fra informazioni sensorie e centri di emissione di energia si strutturano anche processi di formazione di memorie di arresto legati alla formazione di connessioni fra informazioni sensorie e centri di assorbimento di energia che si attivano inizialmente in via subordinata allo scarico esterno (cioè di quelle che vengono anche chiamate memorie di rassicurazione). Le memorie di attivazione e di arresto costituiscono le memorie di riconoscimento.

Il sistema psichico ha la possibilità di connettere diverse risposte alla stessa memoria di attivazione, ha cioè dei gradi di libertà nella risposta. Come sappiamo, ciò necessariamente implica che fra le memorie di attivazione e gli organi operativi siano interposte delle stratificazioni supplementari. Il sistema sceglie i terminali operativi da attivare sulla base di un riconoscimento determinato dallo scarico da essi indotto, condizione in pratica coincidente con la cosiddetta “ricompensa” della scuola comportamentale americana e che dà luogo ad una sensazione di piacere.

Quindi, nel nostro schema semplificato, il meccanismo è diviso in due parti: la prima che costituisce la memoria di riconoscimento, attivazione e disattivazione, in cui il flusso energetico è guidato dagli incrementi tensionali dovuti alla sommatoria delle tensioni inerenti alle componenti dell’informazione sensoria (per dar luogo alle memorie percettive) nonché dagli incrementi e decrementi tensionali dovuti alla connessione delle memorie percettive con centri di emissione o assorbimento di energia (per dar luogo alle memorie di allarme e di rassicurazione) e la seconda che costituisce la memoria comportamentale, in cui il flusso energetico è guidato dai decrementi tensionali connessi all’attivazione di un determinato organo operativo.

Essendo la memoria percettiva una rappresentazione della realtà, possiamo simulare le azioni da indurre sulla realtà attraverso corrispondenti modificazione della rappresentazione percettiva. Ciò è quanto avviene nel cervello ed io penso che tu possa accettare l’esistenza di questi legami fra le due strutture funzionali del cervello senza necessità che io approfondisca questo argomento, cosa che ci porterebbe, senza necessità, troppo lontano dal filo del nostro discorso.

Come abbiamo avuto modo di vedere, perché si abbia la ricostituzione di una percezione sullo schermo delle memorie sensorie (o su uno schermo parallelo) occorre che un flusso energetico partente dal nodo rappresentativo di tale percezione dello strato terminale delle memorie percettive raggiunga tale schermo, seguendo a ritroso i percorsi tracciati dalla informazione sensoria (cfr. i neuroni specchio). Le linee di flusso che costituiscono le memorie percettive sono cioè accompagnate da linee parallele in cui procede in senso inverso un flusso informativo di minor livello tensionale.

Abbiamo visto che lo strato dei terminali delle memorie percettive è lo strato in cui il flusso proveniente dai terminali sensori non ha gradi di libertà in conseguenza del raggiungimento di un certo numero minimo di terminali di input eccitati. Abbiamo anche visto che il flusso riflesso, partendo da un solo terminale di input, potrebbe assumere invece gradi di libertà se tale libertà non fosse impedita dall’esistenza di percorsi preferenziali indotti dal flusso diretto di formazione della memoria percettiva, disposti secondo strati a rigidità crescente passando dai terminali sensori ai terminali delle memorie percettive. E’ però sufficiente che il livello tensionale del flusso riflesso si rialzi perché il flusso, debordando dai canali preferenziali, assuma gradi di libertà che si manifestano quindi particolarmente negli strati più labili di connessioni, prossimi ai terminali sensori, che vengono chiamate “connessioni logiche” e la sua estrinsecazione, che comporta una modifica della informazione sensoria, costituisce l’attività di pensiero. La successione di tali connessioni labilissime, che comportano la stimolazione dall’interno di strutture percettive, corrisponde alla realizzazione simulata di una successione di informazioni sensorie.

Ora, sono costretto a complicare un pò il quadro espositivo. Nello schema semplificato adottato ai fini di rendere semplice il quadro di fondo delle interazioni, vedi figura, i nodi hanno cinque possibili porte, due di ingresso, due di uscita nell’ambito di una stratificazione di rigidità ed due di passaggio alle stratificazioni di rigidità contigue. In realtà i neuroni sono interruttori stellari, in cui confluiscono flussi energetici provenienti da una miriade di reti e che si traducono in forze che tendono a fare imboccare al flusso riflesso un determinato percorso reticolare. All’interno del neurone si svolgono processi di equilibratura alquanto complessi, anche per l’intervento di funzioni non ancora raggiunte anche nelle più avanzate realizzazioni cibernetiche dell’uomo, processi da cui emerge la direzione indotta nel flusso riflesso. Ciò non significa affatto che il pensiero sia completamente guidato dalle variazioni di percorso indotte dai nodi incontrate nel suo percorso; sussistono gradi di libertà residui in cui la variazione è casuale, fintanto che non venga sollecitata una risposta cui nell’attività operativa è associato uno scarico tensionale.

Ma, a questo punto, dobbiamo apportare delle modifiche anche al processo di acquisizione della informazione sensoria ed al suo ingabbiamento nella memoria. Anche in questo caso il flusso entrante viene deviato dall’intersezione con reti neurali che costituiscono campi di attrazione – rifiuto verso posizioni della stratificazione finale delle memorie percettive contigue a determinate modalità di attivazione degli organi operativi. È questo passaggio che può anche determinare l’amplificazione dell’area di ridondanza di certi elementi sensori, prodroma alla successiva fusione con una memoria di riconoscimento.

Occorre dunque ricordare che gli impulsi fondamentali di origine genetica, cioè i flussi di energia di attivazione del sistema, connessi alla conservazione individuale e della specie, cioè le memorie di stato, nutrizionale e sessuale, che si manifestano attraverso sensori interni, si associano a determinate rappresentazioni sensorie contigue (spazialmente o temporalmente), che assumono conseguentemente la capacità di sollecitare autonomamente gli impulsi (estroversione delle fonti di eccitazione) dando luogo a memorie fondamentali di allarme e rassicurazione. Le rappresentazione sensorie contigue a queste memorie fondamentali danno luogo ad ulteriori memorie di allarme e rassicurazione, cioè ad impulsi derivati per la fusione dei relativi circuiti o reticoli e per il fatto che la memoria complessiva così ottenuta può essere attivata da uno qualsiasi dei nodi che la costituiscono.

Quando due individui hanno le stesse memorie di allarme e rassicurazione, cioè memorie di riconoscimento attivate dalle stesse informazioni sensorie, si può realizzare una condizione comunicazionale, per cui l’allarme dell’uno dà luogo all’allarme dell’altro, la rassicurazione dell’uno dà luogo alla rassicurazione dell’altro indipendentemente da quali siano i contenuti sensoriali delle memorie sollecitate. Per conseguenza tutto ciò che darà dolore nell’uno lo darà anche nell’altro e tutto ciò che darà piacere nell’uno lo darà anche nell’altro. Ed il dolore o il piacere saranno avvertiti come propri perché, come abbiamo già detto, non sussiste differenza fra le memorie di riconoscimento determinate direttamente per associazione con gli impulsi fondamentali e le memorie di riconoscimento derivate dall’associazione con altre memorie di riconoscimento. Ovviamente ciò non riguarda il piacere-dolore prodotto direttamente dai sensori interni che danno luogo agli impulsi di conservazione, vale a dire lesioni fisiche e fame. Quando si realizza questa situazione fra due partner, ciascuno assume così la capacità di trasferire i propri sentimenti nell’animo dell’altro e se la cosa si verifica per ogni situazione emotiva. si ha la condizione di amore che andrebbe, in linguaggio psicologico chiamata condizione di identificazione totale, mentre nella più generale teoria dell’organizzazione prende il nome di incollamento profondo, privo di componenti dialettiche.

Ovviamente, come preannunciato, la necessità di semplificazione espositiva mi ha costretto a trascurare un gran numero di variabili, alcune delle quali assai importanti e su alcune di esse vorrei adesso soffermarmi brevemente. Innanzi tutto occorre rilevare che la condizione di comunanza del riconoscimento fra gli amanti, sia esso di allarme o di rassicurazione, può essere strettamente legata ad una certa situazione particolare di sinergia e, seppure è ovvio che si allarghi a tutte le situazioni ad essa collegate, può rimanere comunque in un ambito limitato. Perché la connessione interpersonale assuma un aspetto più generalizzato, cosicché la comunione istintuale fra due individui involva l’intera struttura delle memorie riconoscitive occorre che il processo implichi condizioni di grande livello tensionale, così da costituire un canale preferenziale di flusso così profondo da costituire elemento di indirizzamento in tutte le condizioni di sollecitazione del sistema.

Abbiamo già avuto occasione di accennare come l’aumento dell’area di ridondanza di una informazione sensoria, così da permetterne la fusione successiva con una memoria di allarme o di rassicurazione può essere dovuto all’intersezione con altre reti che, pur non determinando lo sviluppo della energia di attivazione inducono la variazione della stratificazione di rigidità. Ciò non solo per effetto della sovrapposizione dell’energia direttamente connessa alla informazione sensoria, come abbiamo mostrato nella figura semplificativa, quanto in un ambito più vasto ove la variazione delle condizioni di rigidità avviene a livelli “quasi infinitesimi” per l’apporto energetico indotto da altre reti, che sono quindi assimilabili a campi di forza attrazione rifiuto ovvero a memorie di riconoscimento che operano ad un livello energetico inferiore al livello critico che induce all’attivazione operativa. L’approfondimento di questo aspetto aprirebbe un campo di indagine vastissimo che ci porterebbe troppo lontano ma, per fortuna, tale approfondimento non è necessario ai fini che qui ci ripromettiamo.

Un ruolo estremamente importante ai fini dello sviluppo della condizione di amore è esercitato da una rete connessa ad un impulso di origine genetica che si aggiunge ai tre impulsi fondamentali di conservazione, costituito da una grande paura che costituisce amplificazione del contenuto emozionale e quindi della ridondanza connessa ad ogni rapporto interpersonale. Tale paura della solitudine si caratterizza operativamente come bisogno sociale e opera particolarmente nella fase infantile di “imprinting”, in cui si formano le più importanti connessioni di riconoscimento in una condizione di plasticità provvisoria. E’ anche importante rilevare che si tratta di una caratteristica estremamente variabile nella popolazione umana.

Un ruolo ancora estremamente importante è esercitato dalla ripetizione delle informazioni sensorie che permette di caricare di importanza (ingrandendo quindi l’area di ridondanza) le componenti sensoriali che si ripetono in concomitanza con la situazione di carico o scarico del sistema (non tutte le componenti del quadro sensoriale contigue ad una condizione di pericolo sono connesse in termini deterministici, connessione che è invece giustificata dalla ripetitività della concomitanza). Si tratta di una condizione più generalizzata che opera anche al di fuori del rapporto interpersonale, nella formazione delle memorie di riconoscimento che operano nel contesto del rapporto col mondo esterno all’individuo.

La ripetitività, come elemento determinante la associazione, comporta ovviamente che il sistema sia esposto più volte a condizioni di possibile pericolo, privo delle connessioni di difesa, proprio per valutarne l’opportunità. Considerazioni matematiche mostrano che il numero di prove necessario sarebbe così vasto da assumere caratteristiche suicide. Ciò è quindi possibile in termini evolutivi, dove il progresso evolutivo può agire per elementi infinitesimi in una condizione di protezione provvisoria gradualmente calante, dove cioè la nuova struttura protettiva si sviluppa gradualmente in sincronia con la riduzione della vecchia struttura protettiva. Nelle condizioni di formazione ontologica della struttura protettiva costituita dalla comunione delle memorie di riconoscimento occorre che le canalizzazioni preferenziali si formino in condizioni protette, di basso livello tensionale, attraverso un gioco infantile, quindi nella fase di imprinting come accade per i condizionamenti da realizzare sul piano ontologico in tempi brevi in tutti i mammiferi. Nel caso di specie le condizioni che portano a realizzare la comunione delle condizioni di carico e scarico tensionale sono realizzate mediante un gioco reso possibile da una certa sensibilizzazione, sussistente nell’infanzia, di certe aree del corpo, definite zone erotiche e individuate inizialmente da Freud. L’argomento è così vasto da non potere essere trattato qui; ne ho accennato per completezza del piano espositivo.

La condizione di identificazione che potremmo definire completa, comporta che non sussistano fra gli individui condizioni oppositive, cioè condizioni sia pure limitate di diffidenza e che non vi sia una struttura dei componenti ontologici degli impulsi, cioè delle memorie di allarme e di rassicurazione, e di tutta la cultura che ad esse si aggancia, già ben strutturata e diversificata. Ciò può realizzarsi nel bambino che può per conseguenza raggiungere una identificazione totale che permette l’assorbimento della struttura dei valori della società e una dipendenza psicologica per tutta la vita, avvertita come funzionale, non impositiva, in quanto proveniente dal suo interno, in maniera non distinguibile dall’azione di impulsi genetici. In tal caso, secondo la dicitura di Girard i due individui sarebbero l’uno per l’altro “mediatori” delle componenti ontologiche degli impulsi, quali sono appunto le memorie di allarme e di rassicurazione.

Quando invece sussistano condizioni oppositive o divergenti, la coincidenza delle rappresentazioni di carico e scarico del sistema può avvenire solo relativamente ad alcune componenti del rapporto interpersonale. Ad esempio nel rapporto sessuale vi può essere scarico di entrambi i partner nella stessa azione, ma una volta cessata l’attrazione sessuale, possono emergere divergenze che rendono intollerabile la convivenza. Oppure possono realizzarsi altri modi, estremamente importanti, di realizzazione delle relazioni interpersonali, quali i processi di equilibrio dinamico e di scambio.

A questo punto non posso che fermarmi, rimandando gli approfondimenti al mio saggio, “il potere e la paura”, acquistabile on line presso lulu.com. Non so se sono riuscito a rendere meno ostiche le modalità di avvicinamento alla fondazione fisica di certe relazioni interpersonali che sono le più importanti della nostra esistenza. Ho messo buona volontà e impegno per il raggiungimento di questo obiettivo, ma mi accorgo che la esposizione rimane ancora alquanto complessa. In ogni caso sono pronto a cercare di rispondere alle tue ulteriori domande.

Ma tutte queste cose il poeta già le sa  le racchiude in poche parole che ti parlano al cuore, perché tu lo sai che il cuore ha una connessione segreta con la parte più profonda di questo groviglio che è dunque l’anima.

Quanno schiuppa o vulio d’ammore

M’è schiuppato  mpietto nu dispiacere,
accussì all’intrasatta, pe na cosa e niente,
ma era na vita ca o tenevo in cuorpo,
pecché basta na goccia pe fa traboccare o vaso
e n’importa si o contenuto è shampagna
o merda.
Sto dispiacere è accussì strano
ca nun sape manco che vò
è comme a nu pianto che nun vò ascì.
Vurria ca quaccheruno mi vulesse bene,
ma comme dich’io, no comme dici tu,
o tu o tu o tu o tu.
Nu bene che nun vulesse dì spartenza
e nemmanco dicere sempe e no
comme quanno ero into a la panza tua, mamma.
Nu bene che mi facesse chiagnere
e accussì sciogliere stu dispiacere
e cu isso sta vita mia. sta vita mia.

 

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