Formazione di equilibri dinamici nei sistemi in disequilibrio

L’azione esterna su di un insieme di molecole monoatomiche in equilibrio statistico induce una corrente lineare che viene deviata dalle forze gravitazionali del sistema che tende così a realizzare degli equilibri orbitali al suo interno. Gli elementi fondamentali per il raggiungimento di questo obiettivo sono costituiti, oltre che dalla capacità di aggregazione delle molecole e dai rapporti fra forza incidente, energia interna e forza gravitazionale, dall’angolo formato dalla direzione della forza esterna con la direzione della forza gravitazionale, dalla possibilità di scaricare all’esterno parte dell’energia assorbita e dall’assenza di limitazioni volumetriche. La presenza di un processo oscillatorio del volume occupato dal sistema può modificare ciclicamente la struttura delle forze permettendo il passaggio per condizioni che permettono lo stabilirsi dell’ordine su traiettorie curvilinee.

1 – Modificazione di un insieme gravitazionale per effetto di un’azione esterna.

L’intervento di una azione esterna è sempre necessario per provocare un processo organizzativo in un insieme non macroscopico. La permanenza dell’ordine che viene formato non può ipotizzarsi indefinitamente anche in presenza di una permanenza dell’azione esterna e ciò in conseguenza dell’aumento progressivo dell’energia interna dovuto all’azione esterna stessa. E’ quindi necessario, per mantenere in vita l’azione ordinatrice della azione esterna, che l’energia da essa fornita e non assorbita dai moti circolari, sia dissipata attraverso un flusso di energia uscente dall’insieme. Un tale insieme  costituisce una struttura dissipativa e ad essa si riferisce il presente studio [1].

Se noi ragionassimo sotto l’ipotesi di limitatezza del volume disponibile per il sistema, ipotesi che può essere rappresentata dalla presenza di pareti ideali che racchiudono il sistema, la completa scomparsa degli urti, che identifica la condizione di ordine, richiederebbe che tutti i movimenti si svolgano all’interno del contenitore senza mai toccarne le pareti, giacché l’urto con le pareti respingerebbe le molecole all’interno del sistema riaccendendo la catena degli urti. La condizione di limitatezza del volume disponibile va quindi accantonata o, quantomeno, va ritenuto che i limiti siano così ampi da poter ragionare come se essi non esistessero.

Per effetto dell’azione esterna, che supponiamo non diretta verso il baricentro del sistema, quindi avente una componente tangenziale ad una ideale circonferenza centrata sul baricentro, si formano due poli di concentrazione delle probabilità di occupazione dell’insieme, uno secondo la direzione dell’azione esterna e l’altro secondo la direzione della forza gravitazionale. Il sistema mostra quindi una certa quantità di movimenti interni di connessione dei due poli; tali movimenti si svolgono secondo linee curve, indotte dalla composizione degli effetti delle forze esterna e gravitazionale, con urti decrescenti con la polarizzazione dei movimenti su queste linee.

Supponiamo che la dimensione delle variabili in gioco permetta una penetrazione profonda della corrente ordinatrice nel sistema dissipativo dove subisce l’incurvamento dovuto alla composizione della forza esterna con la forza gravitazionale. La permanenza della prevalenza direzionale è dovuta alla persistenza dell’azione esterna (con un processo continuo di distruzione e ricostruzione) la cui cessazione determina il ripiombare del sistema nella condizione di equilibrio statistico. Dato l’effetto devastante che ha l’urto sull’ordine, per la permanenza dell’ordine una volta cessata l’azione esterna occorrerebbe o la completa scomparsa degli urti (che però da sola sarebbe una condizione estremamente instabile nei confronti di una qualsiasi minima azione esterna) o l’assunzione da parte delle traiettorie di una rigidità che le faccia resistere agli urti.

La “rigidità”, ossia la capacità di resistenza delle traiettorie sia agli urti che alla forze che tendano a modificarle viene determinata, prima di tutto, dall’irrigidimento dei corpi che viaggiano lungo tali traiettorie conseguente ai processi aggregativi resi possibili dal parallelismo direzionale. In secondo luogo, la rigidità delle traiettorie è determinata dallo sviluppo di equilibri dinamici fra la forze cui danno luogo l’energia cinetica e l’energia gravitazionale in corrispondenza di ogni allontanamento infinitesimo dalla traiettoria orbitale cui l’incurvamento della corrente abbia dato luogo

Se la direzione del moto della particella che fa parte della corrente entrante forma con la direzione della forza gravitazionale un angolo ottuso, la forza gravitazionale avrà una componente nella direzione opposta a quella dell’energia cinetica e una componente nella direzione ad essa ortogonale. La particella svilupperà per conseguenza una forza di reazione alla componente opposta e continuerà perciò nella sua corsa, ma subendo una riduzione graduale dell’energia cinetica per il lavoro effettuato contro la componente opposta della forza gravitazionale ed una rotazione per effetto della componente ortogonale assumendo infine la direzione della forza gravitazionale. Si noti che al diminuire dell’angolo diminuisce la componente frenante della attrazione gravitazionale. L’amplificazione dell’angolo di incidenza quindi equivale ad una riduzione dell’energia cinetica. Quando la divergenza fra la direzione della forza gravitazionale e la direzione dell’energia cinetica indotta dall’azione esterna raggiunge l’angolo retto e le dimensioni delle due grandezze fisiche sono in un certo rapporto, si forma una traiettoria orbitale; prendiamo in esame in particolare la traiettoria circolare.

Consideriamo dunque un generico punto della traiettoria circolare. La direzione della forza di attrazione gravitazionale che agisce su di esso è perpendicolare alla direzione dell’energia cinetica. Secondo gli attuali testi di  meccanica, il punto materiale tenderebbe a continuare per inerzia il suo moto nella direzione tangenziale, ma per effetto della attrazione gravitazionale su di esso esercitata subirebbe una continua accelerazione in direzione perpendicolare al moto tangenziale che manterrebbe il moto nella traiettoria circolare. Per conseguenza l’attrazione gravitazionale rimarrebbe sempre perpendicolare alla direzione del moto della particella. Osserviamo, però che la forza gravitazionale deve innescare un movimento di avvicinamento al baricentro già nella posizione orbitale e non solo dopo che sia iniziato il movimento di allontanamento in direzione tangenziale Si deve cioè realizzare una composizione fra il movimento tangenziale e quello ad esso ortogonale.

Mpto circolare

Come si  vede dalla figura, in cui A è la posizione iniziale e A’ la posizione successiva in cui la particella viene portata dalla composizione dei due moti nel tratto infinitesimo iniziale del suo moto e sono indicate in nero in A e in rosso in A’ le direzioni della forza gravitazionale e della energia cinetica, nella nuova posizione così assunta dalla molecola, l’energia cinetica formerà un angolo ottuso con l’attrazione gravitazionale e pertanto quest’ultima avrà una componente in direzione opposta all’energia cinetica e una componente ad essa ortogonale (indicate in verde in figura), . La particella proseguirà quindi nella direzione della energia cinetica, cioè di allontanamento, ma subendo una riduzione progressiva per effetto dell’azione frenante svolta dalla componente oppositiva della forza gravitazionale. e una rotazione per effetto della componente attrattiva ortogonale. La particella proseguirà cioè secondo una traiettoria curvilinea, che ha una componente nella direzione di allontanamento ed una componente nella direzione ad essa ortogonale. Man mano che questo movimento prosegue e la energia cinetica diminuisce, il movimento in direzione rotatoria che segue la particella acquisisce l’energia cinetica perduta dalla componente di allontanamento. . Se l’esaurimento della energia cinetica avviene quando il punto raggiunge  la distanza orbitale, tutta l’energia cinetica risulta trasferita nel moto rotatorio, ed il punto rientrato in orbita. Ciò significa che, per la conservazione dell’orbita  la forza di attrazione responsabile dell’avvicinamento deve essere eguale all’energia cinetica di allontanamento intesa come la forza complessiva che può esercitare riducendosi a zero.

Si potrebbe osservare che il punto in cui la particella viene portata dalla composizione dei due moti, tangenziale e radiale potrebbe essere  A” anziché A’, cosicché il processo potrebbe avvenire in maniera simile a quanto teorizzato dalla meccanica classica salvo il fatto che il ritorno in orbita sarebbe dovuto ad una componente oppositiva della forza gravitazionale ed alla rotazione indotta dalla componente ortogonale, ma ciò non è possibile. Abbiamo infatti visto che, perché la molecola rientri in orbita, la forza gravitazionale deve essere eguale all’energia cinetica e Newton ci ha anche mostrato che all’aumentare della distanza la forza gravitazionale tende a zero più rapidamente dell’energia cinetica. Quindi, se già in partenza la forza gravitazionale è uguale alla forza producibile dall’energia cinetica, nel punto A” in cui la distanza dal centro è aumentata, la forza gravitazionale non sarebbe più in grado di trattenere la molecola che si allontanerebbe seguendo la direzione di “fuga”,

La forza gravitazionale agisce dunque istantaneamente, cioè entro infinitesimi spazio-temporali di ordine superiore rispetto a quelli in cui si svolge il moto tangenziale.. Pertanto, nell’imboccare il percorso di allontanamento, la particella si trova già in una posizione più vicina al centro e tale direzione di allontanamento forma già nell’ambito di un intervallo infinitesimo del movimento un angolo ottuso con la direzione della forza gravitazionale. Il processo si svolge quindi completamente entro un infinitesimo della traiettoria circolare, senza che la molecola debordi dalla circonferenza che delimita tale  traiettoria.

E’ semplice a questo punto verificare che. se la particella subisce azioni di lieve entità che incrementino la sua penetrazione verso il centro, il processo sarà identico salvo il fatto che la quantità di energia cinetica sarà maggiore per l’apporto esterno e pertanto la particella potrà proseguire oltre la posizione orbitale prima di rientrare in orbita, ovviamente se la dimensione dell’energia cinetica non sia tale da portarla in fuga.

La traiettoria circolare costituisce pertanto l’inviluppo di oscillazioni sinusoidali che hanno una fase di avvicinamento e una fase di allontanamento. Lo schema solleva la ovvia obiezione che se la traiettoria circolare rappresenta l’ inviluppo di oscillazioni microscopiche, queste dovrebbero essere in talune condizioni osservabili. A questa obiezione è possibile rispondere che le oscillazioni microscopiche si sviluppano in intervalli infinitesimi di più alto ordine degli intervalli percettibili,

2 – Contributo di un processo oscillatorio del volume occupato dal sistema.

In generale, la variabilità configurale ottenuta per l’intervento di forze esterne tende a tornare alla condizione iniziale di equilibrio statistico a meno che non permanga il flusso di energia proveniente dall’esterno (ramo termodinamico del processo trasformazionale [1]). Ma se sussistono certe dimensioni e caratteristiche di rigidità degli aggregati e sono realizzate le condizioni, di cui ci siamo occupati nel precedente paragrafo, per la realizzazione degli equilibri dinamici, le configurazioni ottenute assumono, una capacità di permanenza anche al cessare del flusso energetico esterno (ramo cinetico del processo trasformazionale [1]). Nell’ordine così realizzato si manifesta il principio d’ordine nei sistemi aperti di Prigogine.

Come abbiamo già osservato il raggiungimento di una condizione di ortogonalità fra l’energia cinetica di un componente e la forza gravitazionale agente su di esso non è una condizione sufficiente perché si sviluppi un equilibrio di tipo rotatorio intorno al baricentro del sistema. Occorre che sussista una certa distanza che possa determinare, in relazione ai valori assunti dalla massa e dalla energia cinetica, i necessari rapporti delle forze agenti. Per di più è chiaramente necessario, una volta che si siano create delle traiettorie curvilinee, che le distanze intercorrenti fra i componenti del sistema siano tali da rendere impossibile l’intersezione fra le varie traiettorie.

Per questi motivi il raggiungimento di una condizione di ordine è legato al raggiungimento di una certa dimensione volumetrica del sistema, sia pur legata alla dimensione degli aggregati e a quella dell’energia cinetica del sistema. Se il sistema ha un volume che ne impedisce l’organizzazione, l’azione esterna dunque, oltre ad avere una certa intensità e una certa inclinazione rispetto alla direzione della forza gravitazionale, deve comporsi con un processo oscillatorio del volume, fra fasi di espansione e fasi di compressione, nell’ambito del quale il sistema possa ritrovare la condizione volumetrica necessaria all’instaurarsi dell’ordine.

Come abbiamo avuto modo di mostrare, l’azione esterna è essa stessa promotrice della fase espansiva attraverso l’azione delle reazioni cinetiche oppositive che si sviluppano quando la direzione dell’azione incidente ha una certa angolazione con la direzione della forza gravitazionale. Quando viene raggiunto un volume che consente la distribuzione delle masse, delle energie cinetiche e delle singole distanze che è necessaria per la realizzazione degli equilibri dinamici, la configurazione ordinata emerge selettivamente nell’ambito della variabilità configurale, perché priva di urti, cioè di elementi distruttivi, quindi dotata di sopravvivenza. In altre parole, la struttura dell’organizzazione delle masse, delle energie e delle distanze determina tali vincoli ai movimenti da costringere ad organizzarsi in termini di equilibrio orbitale (principio d’ordine nei sistemi chiusi di Boltzmann)

3 – Conclusioni.

I modi fondamentali di interazione dei sistemi sono tre: aggregazione, contrapposizione ed equilibrio. Sappiamo che negli insiemi in cui esiste una certa condizione di equilibrio statistico, quindi una certa quantità di moto, l’aggregazione può essere un fattore di organizzazione in quanto conferisca una potenzialità differenziale nei confronti degli altri componenti di un insieme, potenzialità che abbiamo indicato per semplicità come rigidità o resistenza agli urti che costituiscono il fattore elementare di contrapposizione. Sappiamo che l’utilizzazione per l’aggregazione delle stesse forze di campo che operano sugli altri componenti non determina alcuna potenzialità differenziale; è ben vero che alla massa corrisponde una maggiore potenzialità, ma l’assenza di una rigidità differenziale a livello elementare impedisce il raggiungimento di quel livello critico della massa cui corrisponde la necessaria potenzialità differenziale.

Il raggiungimento di una potenzialità differenziale richiede quindi l’intervento di altre variabili, che danno luogo a tutta una stratificazione di livelli di rigidità. In primo luogo la sovrapposizione di più campi di forza. Gli astronomi hanno chiamato incollamento la sovrapposizione, a livello dei componenti elementari di una nebulosa, dei campi gravitazionale ed elettromagnetico, dovuto al fatto che parte notevole delle particelle vi comparirebbero sotto forma di ioni, dando così luogo a nuclei di aggregazione.

Ma sul fenomeno dell’incollamento agisce un fenomeno ulteriore che può manifestarsi anche nell’ambito delle strutture di maggior massa cui l’iniziale intervento dell’attrazione elettrostatica abbia dato luogo, cioè l’incorporazione del moto all’interno dell’aggregato, elemento che determina elementi di coordinamento interno che portano non solo ad una maggiore potenzialità differenziale, ma strutturano una nuova unità, dotata di nuove qualità. E’ un fatto ancora misterioso, creativo, che Corning chiama la “magia della natura”[2].

Ora noi sappiamo da tempo, anche con un certo dettaglio da quando Bohr ha presentato la sua ricostruzione della struttura dell’atomo, come già in esso sia contenuta una enorme quantità di moto e sappiamo che anche nel processo di sintesi chimica, il processo di condivisione fra più atomi del moto degli elettroni si sovrappone alla attrazione elettrostatica. Sappiamo anche che nell’ambito della chimica organica e più in particolare delle interazioni in ambito biologico operano interazioni di forma, legate al disegno che la forma dei corpi induce nella forma dei campi di forza [3].

A me sembra che il presente studio, con la sua interpretazione del moto circolare, apporti un contributo alla spiegazione degli effetti della incorporazione del moto all’interno del sistema, in quanto mostra come dalla interazione del moto con le forze di campo seguano processi di sommatoria o frazionamento dovuti a mutamenti direzionali connessi a variazioni negli angoli di incidenza, processi che si svolgono parzialmente entro infinitesimi spazio-temporali di ordine superiore rispetto agli infinitesimi in cui si svolge la parte visibile. Ciò d’altra parte è implicito nella relatività generale, che impone di prevedere l’ esistenza, per ogni funzione fisica, di una derivata seconda alle coordinate spazio-temporali che deve quindi operare su una infinità di punti di ordine superiore rispetto a quella in cui opera la derivata prima.

La generalità, anzi l’universalità, che la considerazione dell’unità del mondo fisico assegna ai teoremi della teoria dell’organizzazione comporta, ad esempio, che nell’ambito delle relazioni interpersonali, la condizione di equilibrio dialettico sia sempre supportata dalle condizione di eguaglianza fra operazioni di dare e avere che si svolgono per infinitesimi di ordine superiore rispetto a quelli percepibili cioè, come direbbe Freud, a livello “subliminale”

Bibliografia

[1] – Prigogine L.: Self-organization in Non-equilibrium Systems, Wiley & Sons, New York, 1977.
[2]- Corning P.: Nature’s Magic, Synergy in evolution and the fate of humankind, Cambridge University Press, 2003
[3]-Firrao S.: Sulla teoria dell’evoluzione, in questo blog.

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