Lo sviluppo di processi oscillatori nei sistemi isolati ad alta energia

Secondo la meccanica classica se, in assenza di limitazioni volumetriche, in un sistema isolato costituito da un gas con le caratteristiche dello schema di Boltzmann, (cioè costituito da molecole monoatomiche soggette esclusivamente a forze cinetiche e gravitazionali) l’energia cinetica supera un certo valore, ossia il cosiddetto “valore di fuga”, il campo gravitazionale non può più trattenere le molecole che si muovono in direzione centrifuga, che pertanto continuano inerzialmente il loro moto. Chiameremo sistemi “ad alta energia” i sistemi in cui si verifica tale condizione. 

Se la nostra conoscenza della fisica fosse ancora al livello prerelativistico, la conoscenza della possibilità di esistenza di una espansione di fuga del sistema isolato non sarebbe dunque molto utile per lo sviluppo della teoria dell’organizzazione. I concetti introdotti dalla teoria della relatività [2], [3] permettono invece di dimostrare che durante l’espansione di fuga e sulle grandi distanze si verificano trasformazioni di energia in massa che trasformano l’espansione in un processo oscillatorio. Per tale via è possibile identificare meccanismi che portano alla formazione di semplici forme di ordine organizzativo in certi sottosistemi e ad associati flussi di energia ordinata tra tali sottosistemi, flussi che innescano processi che portano alla formazione di ordine complesso nei sottosistemi che li ricevono [4], [5], [6].

Prima dell’enunciazione della teoria della relatività, lo spazio ed il tempo erano considerati entità assolute, i cui valori dovevano essere covarianti (che implica l’ invarianza degli intervalli spazio-temporali) rispetto a sistemi di coordinate in moto relativo uniforme. La trasformazione di coordinate che riflette questo principio è la trasformazione di Galileo.

Il primo risultato scientifico che generò dubbi sulla validità dell’approccio di Galileo fu ottenuto nel campo dei fenomeni elettromagnetici. Nell’ambito di tali fenomeni, governati dalle equazioni dell’elettromagnetismo di Maxwell e Lorenz, il principio di relatività galileiano non viene infatti rispettato.

L’applicazione del principio galileiano comporta che la velocità di un raggio di luce muoventesi parallelamente al moto della terra dovrebbe risultare modificata dal moto della terra nei confronti di un osservatore posto sulla terra. L’esperimento di Michelson e Morley mostrò invece che la velocità della luce non è influenzata dal moto di traslazione della terra, così confermando il risultato di inapplicabilità della trasformazione di Galileo in un certo ambito di fenomeni.

La teoria della relatività ristretta tenne conto di questi risultati traendone la ovvia conclusione che, non essendo gli intervalli spazio-temporali sempre invarianti nei confronti di sistemi inerziali in moto relativo come previsto dalla trasformazione di Galileo, lo spazio ed il tempo non sono assoluti. Tuttavia, le differenze nei valori delle variabili fisiche che portano all’invalidazione della trasformazione di Galileo scompaiono se viene usata la trasformazione di Lorenz (ottenuta assumendo la velocità della luce come invariante trasformazionale) invece della trasformazione di Galileo. Per mezzo di questa trasformazione le leggi della fisica possono essere trasferite da un sistema inerziale all’altro, senza più le limitazioni che scaturivano dalla utilizzazione della trasformazione di Galileo.

Secondo la teoria della relatività ristretta, le leggi della fisica sono quindi invarianti rispetto alla trasformazione di Lorenz e ciò dà ai sistemi inerziali una speciale caratteristica di privilegio, allo stesso modo in cui l’invarianza rispetto alla trasformazione di Galileo aveva attribuito una natura privilegiata al sistema assoluto di riferimento nella fisica prerelativistica. Come Einstein ha sottolineato [2] e come è in ogni caso evidente, ciò comporta il trasferimento della natura di assolutezza dallo spazio e dal tempo presi singolarmente al continuo spazio-temporale.

Una volta che l’ipotesi di spazio e tempo assoluti era stata invalidata, il risultato fu portato alle sue estreme conseguenze, negando la caratteristica di assolutezza anche al continuo spazio-temporale, operazione eseguita da Einstein nella teoria generale della relatività [3]. Secondo questo modo di vedere, come l’invarianza delle leggi della fisica nei confronti della trasformazione di Galileo rappresenta una prima approssimazione che cade quando certe condizioni limite di moto relativo uniforme dei sistemi di riferimento vengono raggiunte, così l’invarianza delle leggi della fisica nei confronti della trasformazione di Lorentz rappresenta una prima approssimazione che cade in condizioni di moto relativo accelerato dei sistemi di riferimento.

Così come l’invarianza della velocità della luce permise di formulare la trasformazione di Lorentz, così la formulazione di una trasformazione generale fra sistemi di coordinate in moto relativo non uniforme comporta che vengano identificati gli elementi di invarianza per mezzo dei quali sia possibile tale formulazione. Il problema può essere posto nei seguenti termini: data una certa figura geometrica definita in un sistema di coordinate spazio temporali (spazio quadridimensionale di Minkoski) quale sarà la nuova figura se le coordinate variano? Einstein trasse gli elementi di invarianza, attraverso cui ottenere la trasformazione, dal principio di continuità secondo il quale le variazioni fra i sistemi devono aver luogo al livello della seconda derivata rispetto alle coordinate. La risposta alla domanda divenne così un problema geometrico già risolto dalla geometria non euclidea di Riemann, sviluppata nel calcolo dei tensori di Ricci e Levi-Civita.

Questo tipo di matematica permette di determinare gli elementi di invarianza in un tensore, di cui occorre fornire le relazioni fra i componenti che costituiscono gli elementi di variabilità. Per quanto riguarda il campo gravitazionale, queste relazioni furono fornite dal principio di equivalenza secondo il quale nel passare da un sistema di coordinate all’altro, l’accelerazione e l’attrazione gravitazionale devono essere considerate equivalenti. Questa equivalenza implica condizioni di simmetria fra i componenti del tensore.

I risultati ottenuti modificano dunque le conclusioni della meccanica classica in merito alla espansione di fuga. L’individuazione degli elementi di variabilità nell’equivalenza fra attrazione gravitazionale e accelerazione implica che nella trasformazione di un sistema ad una decelerazione deve corrispondere un aumento della attrazione gravitazionale e quindi della massa, implica cioè il principio di conservazione della somma massa+energia che sostituisce i due separati principi di conservazione dell’energia e della massa della meccanica tradizionale. Ciò implica che durante l’espansione di fuga si verifica una trasformazione continua di energia in massa che alla lunga arresta l’espansione e avvia una fase di compressione, trasforma cioè l’espansione in un processo oscillatorio.

Riesaminiamo allora l’analisi di Newton del moto oscillatorio di due masse m1 e m2 soggette esclusivamente alla attrazione gravitazionale reciproca. Questo moto è caratterizzato in ogni istante dai valori della velocità relativa delle due masse e quindi dell’energia cinetica E, della forza di attrazione gravitazionale F e della distanza fra le due masse s. Nella trattazione di Newton si assume che un gradiente dell’energia cinetica determini una forza capace di controbilanciare la forza gravitazionale. Newton cioè scrisse la famosa relazione:

dE/ds = – F                         (1)

che implica lo sviluppo di una variazione di energia cinetica, eguagliante la forza gravitazionale, in corrispondenza di ogni valore della distanza.

La funzione dell’energia cinetica è ottenuta, nella trattazione Newtoniana, integrando la (1), da:

E = -k m1m2 /s + C                 (2)

Quindi, secondo la trattazione classica, se l’energia cinetica ha un valore iniziale sufficientemente alto (il valore di fuga) vi è nel processo di espansione un punto a partire dal quale l’attrazione gravitazionale decresce più rapidamente dell’energia cinetica cosicché il moto di allontanamento diviene irreversibile.

Questa conclusione fu dovuta al fatto che Newton considerava due separati principi di conservazione dell’energia e della massa, considerava quindi invariabili le masse. Secondo la teoria della relatività, invece, durante il processo di espansione si verifica una trasformazione di energia cinetica in massa che implica un aumento dell’attrazione gravitazionale, in quantità equivalenti, cosicché è sempre raggiunto un punto di inversione, quale che sia il valore iniziale dell’energia.

Anche Newton incontrò l’ostacolo del principio di conservazione nella formulazione della sua teoria. Egli infatti postulò, appunto per rispettare il principio di conservazione dell’energia, che durante il processo di espansione l’energia cinetica si trasformasse in una energia potenziale, che non modificava per nulla l’attrazione gravitazionale, invenzione debole che solo al pregiudizio dovuto al grande prestigio di Newton deve la sua sopravvivenza.

I sistemi isolati ad alta energia, in conclusione, non assumono, in assenza di vincoli volumetrici, una condizione di espansione permanente come vuole la trattazione classica. Assumono una condizione oscillatoria di lungo periodo.

La conclusione è anche traibile al livello di relatività ristretta. Citiamo direttamente Einstein [2]: “se un corpo, che si muove con la velocità v, assorbe una quantità di energia Eo in forma di radiazione, senza che questo processo ne alteri la velocità, esso subisce di conseguenza un incremento della propria energia uguale a:

Eo / √ (1-v2/ c2)                              (3)

e l’energia cinetica del corpo risulta essere:

(m+Eo/c2)c2 / √ (1 – v2/ c2)                 (4)

Il corpo ha così la stessa energia di un corpo di massa m+Eo/c2 che si muove con la velocità v. Possiamo dunque dire: se un corpo assorbe una quantità di energia Eo, allora la sua massa inerziale cresce di una quantità Eo/c2; la massa inerziale di un corpo non è una costante, ma varia a seconda del mutamento di energia del corpo stesso. Il principio di conservazione della massa di un sistema diventa identico al principio di conservazione dell’energia ed è valido solo in quanto il sistema non assorba né emetta energia.” Naturalmente, in questo caso Einstein ha preso in esame un sistema un moto uniforme, ma le conclusioni possono essere estese facilmente al caso nostro, in cui il corpo subisce una decelerazione in conseguenza dell’attrazione gravitazionale. Supponiamo infatti che, subita la decelerazione, il corpo assuma un moto uniforme con velocità v. Per il principio di conservazione dell’energia il corpo deve avere assorbito la quantità di energia corrispondente alla decelerazione che diciamo Eo; vale quindi ancora la (4). Il risultato non può cambiare se, subita la decelerazione il corpo ,invece di riprendere il moto uniforme, subisce una ulteriore decelerazione. Ad ogni decelerazione corrisponderà un aumento della massa.

Einstein stesso spiega il motivo perché queste trasformazioni siano sfuggite nell’ambito della meccanica classica: “Un confronto diretto con l’esperimento non è possibile al giorno d’oggi, perché i mutamenti dell’energia Eo a cui possiamo sottoporre un sistema non sono grandi abbastanza da rendersi percettibili come mutamento della massa inerziale del sistema. Eo/c2 risulta troppo piccola in confronto alla massa m che era presente prima dell’alterazione energetica. E’ grazie a questa circostanza che è stato possibile stabilire con successo un principio di conservazione della massa come legge avente validità autonoma.”[2]

Dunque in questo studio non ho fatto altro che riesporre elementi fondamentali della teoria della relatività, perché la trasformazione da energia a massa (e viceversa) nell’ambito dei sistemi non inerziali (o, come abbiamo visto, anche nei sistemi inerziali, se la variazione di energia non determina un mutamento della velocità) non è una conclusione marginale della teoria, ma il cardine stesso della teoria che non dovrebbe pertanto poter essere ignorato.

Riferimenti

[1] -Firrao S.: Development of oscillatory processes in isolated high energy systems, Cybernetica, XXXI, 4, 1988

[2] -Einstein A.:Uber die Spezielle und Allgemeine Relativitats-theorie, Lipsia, 1916

[3] -Einstein A.: Vier Vorlesungen uber Relativitats-theorie Vieweg & Sohn, Braunschweig, 1992 (Course of lectures held at the Princeton in 1921)

[4] -Bertalanffy L.:Science, III, 1960, 23

[5] -Brillouin L.: J. Appl. Phys., 24, 9, 1152, Septem. 1953

[6] -Prigogine I., Nicolis G.:SeSelf-Organization in Non-equilibrium Systems, Wiley, New York, 1977

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>